Alberto Burri
Alberto Burri nasce a Città di Castello, in provincia di Perugia, nel 1915. Studia alla facoltà di Medicina di Perugia e nel 1940 viene richiamato alle armi come medico di guerra. Nel 1943 viene catturato dagli inglesi e imprigionato dagli americani in Texas, dove nel 1944 viene inserito tra i fascisti irriducibili perché rifiuta di firmare una dichiarazione di collaborazione. È in questo periodo che Burri decide di dedicarsi al mondo dell’arte e alla pittura e proprio in carcere realizza il suo primo quadro.
Tornato libero, nel 1946 Burri arriva a Napoli e successivamente si trasferisce a Roma, dove nel 1947 espone alla sua prima mostra personale alla galleria La Margherita. Qui conosce il vice presidente dell’Art Club Pericle Fazzini, con cui esporrà fino agli anni ’50. La prima mostra di Alberto Burri contiene opere figurative, mentre la seconda mostra Bianchi e Catrami del 1948 presenta opere astratte con chiari richiami alla pittura di Mirò, Klee e Jean Arp, in cui compaiono elementi organici e elementi sottili e reticolari.
Negli anni successivi inizia la sperimentazione di Burri con materiali nuovi e d’avanguardia, in cui la materia prende il sopravvento sul quadro stesso. È del 1949 Assemblage SZ1, il primo dei Sacchi di Alberto Burri, e in quell’anno inizia a lavorare anche sui catrami. Nel 1950 inizia la sperimentazione su muffe, gobbi e sacchi.
Nel 1951 fonda insieme a Mario Ballocco, Giuseppe Capogrossi ed Ettore Colla il gruppo Origine, che nasce per andare oltre l’arte figurativa e l’astrattismo attraverso l’utilizzo di forme elementari e colori intensi e violenti. Dopo la mostra di presentazione il gruppo si scioglie a un anno dalla sua fondazione.
Nel 1952 Alberto Burri espone alla personale Neri e Muffe e alla mostra Omaggio a Leonardo, dove espone Lo Strappo, uno dei suoi sacchi più celebri. È l’anno successivo a decretare il successo internazionale del pittore, con la prima mostra in America nel 1953 tra Chicago e New York, Alberto Burri: paintings and collages. Nel 1955 gli vengono dedicate una monografia al Guggenheim e una mostra al MOMA di New York e nello stesso anno l’artista espone alla Biennale del Brasile e alla Quadriennale di Roma.
In Italia l’opera di Burri fa più fatica a prendere piede: Lo Strappo viene infatti rifiutato dalla Biennale di Venezia – viene accettato solo il progetto, Studio per lo strappo, acquistato da Lucio Fontana – e nel 1956 gli viene concesso di esporre solo due opere (otterrà una sala personale solo nel 1960). Nel 1957 inizia a utilizzare la tecnica della saldatura sui primi ferri e nel 1962 espone le prime opere realizzate in plastica, materiali su cui lavorerà per tutto il decennio. Nel 1964 vince il premio Marzotto per la pittura e all’inizio degli anni Settanta comincia il lavoro di Alberto Burri sul Cretto.
Nel 1973 realizza la prima esposizione sul ciclo dei cretti e nel 1976 crea il Grande Cretto Nero, esposto all’università di Los Angeles. Nello stesso anno l’artista realizza anche il Teatro Continuo, pensato per la Triennale di Milano, ancora oggi visitabile nella cornice di Parco Sempione a Milano.
Sempre a Città di Castello nel 1981 viene inaugurata per volere dell’artista la Fondazione Burri, con sede nel Palazzo Albizzini. Nel 1984 Alberto Burri a Gibellina realizza la sua opera più conosciuta: il Grande Cretto, conosciuto anche come Cretto di Gibellina o Cretto di Burri. Si tratta di un’opera monumentale, un esempio di Land Art che si erge per circa 8000 mq sulle macerie della vecchia città di Gibellina, in provincia di Trapani, distrutta dal terremoto del Belice nel 1968.
Qui l’artista ricostruisce simbolicamente le vie principali della città distrutta realizzando un cretto con una colata di cemento che ricopre le macerie di Gibellina. L’ultima opera dell’artista risale ai primi anni Novanta ed è una serie di nove opere esposte agli Ex Seccatoi del tabacco, chiamata Metamorfex. Dopo aver partecipato nel 1994 alla mostra The Italian Metamorphosis 1943-1968 al Guggenheim, l’artista si spegne nel 1995 a Nizza.